Un anno dopo, la "guerra" non è finita...



Un anno fa, il 13 novembre 2015, la guerra è arrivata a Parigi. Nel giro di tre ore, tra le 21.17, ora in cui il primo kamikaze si è fatto esplodere allo Stade de France, alle 00.18, ora dell'assalto finale delle "teste di cuoio" della Brigata Ricerca e Intervento (BRI)  al Bataclan e della liberazione degli ostaggi, il terrorismo islamista faceva 130 morti e 683 feriti.

Ciò che per anni avevamo temuto di più, un attacco del tipo di "Mumbai"[1], si verificava nel centro di una grande capitale europea. Un attacco "multi-sito" compiuto da terroristi divisi in vari commando, ben addestrati e pesantemente armati che combinava tre modus operandi: l'attacco suicida, l'assalto con armi da guerra e la presa d'ostaggi. Le autorità se lo aspettavano; tutti gli "esperti", inclusi noi, da tempo lavoravano su questo scenario; i servizi di polizia e le forze speciali si erano addestrati a far fronte a questo tipo di attacco. Tuttavia, il peggio non si è potuto evitare. Nonostante il fatto che il massacro sia stato attuato dieci mesi dopo gli attentati di gennaio. Nonostante gli indicatori provenienti dagli attentati sventati di Villejuif o del Thalys. Nonostante le informazioni che quotidianamente arrivavano ai "servizi".

Il 13 novembre 2015 in Francia, come l'11 settembre 2001 negli Stati Uniti, tutte le spie indicavano rosso da diversi mesi, ma, come il 9/11, niente è stato evitato.

Dopo ci sono state altre allerte e altri attentati: il 22 marzo a Bruxelles, il 13 giugno a Magnanville, il 26 luglio a Saint-Etienne-du-Rouvray.

Le cose sono dunque chiare, nette e tragiche: il massacro del 13 novembre e quelli successivi ad esso sono il prodotto di un fallimento collettivo, un errore di cui ogni componente degli apparati di sicurezza ha una parte di responsabilità: il 13 novembre, lo Stato francese ha fallito.

 

Si è appresa la lezione? È certamente il meno che si deve alle vittime. Sicuramente dei progressi sono stati fatti: più mezzi alle forze di sicurezza, più coordinazione, più prevenzione, un quadro legislativo "inasprito". Tutto questo è una garanzia sufficiente che altre tragedie non si verificheranno più? No. Non esiste un metodo che riduca del 100 per cento il rischio legato al terrorismo. Soprattutto quando si combatte un nemico intelligente, determinato e che può contare su migliaia di simpatizzanti.

C'è anche peggio: la disfatta militare che si prospetta in Iraq per Daesh e, domani, in Siria, e la "calma" relativa che sembra sia in vigore dalla fine di luglio, potrebbero indurre una falsa percezione di sicurezza. Sarebbe un errore fatale. La scomparsa programmata dello "Stato" islamico, dopo la caduta di Mossul e di Raqqa, non implica la fine di Daesh che passerà nella clandestinità e si è già rischierato in parte in altre aree (tra le altre, nel Sahel). Questa evoluzione del gruppo terroristico non diminuirà minimamente la minaccia terroristica in Europa, anche se, probabilmente, le sue capacità operative saranno limitate. Senza dubbio si vedranno meno attacchi sofisticati e preparati nel lungo periodo (i quali in ogni caso costituiscono già l'eccezione) con l'utilizzo di reti "pesanti" composte da diverse dozzine di persone, come nel caso dell'attacco del 13 novembre. Ma in ogni caso si verificheranno altri attacchi.

Ovviamente il rischio maggiore consisterà negli attentati individuali commessi da simpatizzanti di Daesh, o da persone più o meno disturbate e con conti da regolare con la nostra società, che si ammanteranno della bandiera di Daesh o di qualche altra organizzazione jihadista per dare maggiore risonanza ai propri atti. Non si deve dimenticare che il 14 luglio a Nizza, un uomo solo, mai individuato dai servizi di intelligence, al volante di un semplice camion, ha fatto due terzi del numero delle vittime dell'attacco complesso e "militare" compiuto a Parigi otto mesi prima.

Un anno dopo, al di là delle commemorazioni e delle polemiche, è questo che occorre tenere bene in mente: la guerra non è finita.

 

Copyright© ESISC 2016



[1] Dal 26 al 29 novembre 2008, cinque attacchi e prese d'ostaggio simultanei causavano la morte di 188 persone e il ferimento di altre 312 nel cuore della capitale economica dell'India.


© 2012 ESISC - European Strategic Intelligence and Security Center Powered by Advensys